What remains,
of the silver Halide
(60 - 80 film photography collection by Peppe Murro)
Le foto rimediano al ricordo, documento di storie private, di intersezioni, di incontri.
Tendono a congelare un presente, un attimo, per consegnarlo al museo dell’eternità o perlomeno di un’eternità breve, fatta di generazioni e talvolta una sola: lì dura la famiglia, gli amici, le facce…lì diventa possibile ritrovare il documento e l’occasione da rivivere. Ma intanto il loro contenuto non c’è più, il loro contenuto è passato, scomparso –anche se resuscitabile in formato cartolina. […]
Come tornano i nonni e le zie, gli amici, gli estranei, la nostra faccia, pezzi di esistenze […]
Torna tutto. Senza vita.
Ogni cultura ha intrapreso l’arte della memoria, per continuare, per tramandare il suo sé costitutivo, per durare.
Nel nostro piccolo, anche noi siamo i cultori della memoria, anche noi riponiamo le nostre ansie in qualcosa che speriamo più durevole dell’esistenza.
Tramandiamo, evochiamo.
Orazio scriveva Non omnis moriar…exegi monumentum aere perennius (non morirò del tutto, ho eretto un monumento più duraturo del bronzo), ma si riferiva alla poesia. Oggi, invece, la nostra scrittura è per lo più di immagini –e di elettronica-. Scriviamo immagini.
(Peppe Murro)